16 gennaio 2017

“Il sangue dei fiori”, esordio di Anita Amirrezvani [ITA]

“…la mia vita era ben diversa da quella che avevo sognato da ragazzina, al villaggio, ascoltando i racconti della mamma. Le storie che mi hanno accompagnata negli anni finivano tutte con un matrimonio tra un principe ricco e generoso e una fanciulla bella e sventurata, che, da lui salvata, cominciava una nuova vita. […] E’ così che succede nelle favole…ma non sempre”
Anita Amirrezvani, iraniana di nascita e statunitense per adozione, fa il suo debutto internazionale come scrittrice dopo anni di carriera nel mondo della danza contemporanea. Leggendo il suo romanzo d’esordio, “Il sangue dei fiori” appunto, devo dire che lo ha fatto proprio bene.

Con scrittura sciolta e stile equilibrato tra realistico e sognante, dipinge sotto gli occhi del lettore un mondo lontano nel tempo, colorato e prezioso come i lussuosi tappeti che fanno da perno a questa trama semplice ma interessante. Impariamo a conoscere l’antica Persia con i suoi riti di igiene e pudicizia, con le sue tradizioni affascinanti tutto sommato non molto diverse da quelle occidentali dell’epoca – anzi, forse in certi casi più elevate -…creando nella nostra mente un’immagine che coinvolge, che convince e che stride tuttavia con l’idea dell’Iran di guerriglia ed orrori di cui leggiamo sui giornali.
Anita ci racconta la storia di unaragazza tredicenne proveniente da villaggio sperduto nella Persia del 17° secolo, in cui vive con la madre ed il padre, il quale le ha trasmesso la grande passione di fabbricare tappeti.
Purtroppo la sua vita viene sconvolta dal passaggio di una cometa – considerata maledetta dalla superstizione dell’epoca – e la sua vita si macchia con un’ondata di sciagure. La prima è la morte del padre che costringe le due donne rimaste sole a trovare rifugio presso la ricca famiglia dello zio Gostaham, nella lontana – e mitica -città di Isfahān. Qui, tra la magnifica casa dello zio, fabbricatore di tappetti per lo Scià, i minareti della moschee, il Ponte dei 33 archi e l’immensa Piazza del Mondo, la giovane montanara diventerà una donna, assaporando le gioie del paradiso e toccando con l’altra mano le pene dell’inferno. La sua crescita è ostacolata da errori, disgrazie, umiliazioni, ma la tenacia e la passione per i tappeti riusciranno ad infonderle il coraggio necessario a rialzarsi e costruirsi il proprio futuro,  rendendola una ragazza emancipata e forte, dal valore inestimabile. Il che è straordinario, specialmente nell’ambiente storico e culturale in cui ci troviamo.

“Io ero diversa da tutte loro: avevo i miei tappeti e la mia famiglia adottiva a cui pensare. […] Ero una donna: il mio lavoro costituiva una novità e i miei tappeti andavano a ruba tra le donne dell’harem. Non avrei mai rinunciato al mio mestiere, anche se avessi sposato un uomo ricco come lo scià.”
L’unica cosa stonata dell’edizione che ho io, la Mondadori Bestsellers, è la scelta della copertina. Pertinente, per carità, visto che ritrae una donna avvolta in preziose lenzuola sdraiata su un fantastico tappeto. Tuttavia personalmente avrei scelto di estendere il motivo del tappeto persiano all’intera copertina, richiamando l’usanza musulmana di non ritrarre figure umane o animali nelle decorazioni dei loro luoghi sacri.  Questo libro mi ha fatto comprendere molte cose, riguardo alla cultura musulmana ma anche riguardo al processo di crescita che, costante nei secoli, ognuno di noi deve affrontare inevitabilmente. Per questo lo consiglio volentieri.
Irene Francis

Red Tails: il coraggio non ha colore. [ITA]

Di solito ho paura dei film “basati su storie vere”. Ho paura quando raccontano la verità, perché vuol dire che certe cose sono davvero accadute, ed ho paura quando sono sporcati di finzione, perché alterano la storia ed è un crimine crudele. Senza conoscere la realtà degli avvenimenti, non possiamo imparare da ciò che è stato…e riduciamo così la storia a semplice passato inutile ed inerte. Questo film è stata per me è un’eccezione. Mi ha toccata profondamente proprio perché basato su fatti veramente accaduti. Odio la guerra e la violenza con ogni parte del mio cuore, tuttavia questo non mi impedisce di rendere omaggio a coloro che hanno rischiato la loro vita per un’ideale di libertà.
Red Tails (2012) racconta alcune vicende del 99° squadrone combattente dell’aviazione militare americana che combatté durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale nei cieli sopra il nostro Mediterraneo. Il Tuskegee Airmen fu un reparto di piloti di caccia espressamente voluto dal presidente Roosevelt che si distinse per le missioni riuscite, per la minima percentuale di perdite subite e per la bravura e l’affiatamento dei suoi membri. La cosa straordinaria di questo squadrone è che alla guida di quei caccia “coda rossa” – da qui il soprannome “Red Tails” – vi erano solo piloti di colore, “nigger” come venivano chiamati allora. Il film racconta la lotta di questo gruppo di uomini che dovettero combattere per combattere, provando missione dopo missione di non essere inferiori agli altri soldati né in abilità né in coraggio. Il Tuskegee Airmen dovette affrontare due guerre: una in aria contro gli aerei tedeschi, l’altra a terra contro la sfiducia degli alti gradi di comando dell’aviazione americana e contro il disprezzo e la discriminazione degli altri piloti americani “bianchi”. Report dopo report riuscirono a guadagnarsi il rispetto e l’onore che meritavano in una nazione ancora piagata dal più duro razzismo. Oltre all’esagerata reputazione di essere praticamente invincibili – per anni si è creduto che nessun bombardiere scortato dal Tuskegee Airman fosse stato abbattuto – questo coraggioso reparto di americani, inclusi i 66 piloti caduti in combattimento, hanno guadagnato riconoscimenti e medaglie al valore, tra cui nel 2007 la Medaglia d’Oro del Congresso.
Il razzismo è ancora insito nella maggioranza dei cuori della gente di ogni paese, ed il suo fuoco si risveglia particolarmente quando si tratta di persone di colore. Così è stato per secoli, nonostante ci sia sempre stato chi si è battuto per cambiare le cose, e purtroppo così continuerà ad essere. Tuttavia film come questi fanno bene a chi di noi possiede ancora una coscienza sensibile ed un cuore da toccare. Erano soldati..hanno ucciso come i loro nemici e togliere vite è sempre da disprezzare. Non sono i soldati, né i piloti né gli americani che ho guardato in questo film…ma gli uomini, che hanno dovuto guadagnarsi il diritto di combattere per ciò in cui credevano, diritto garantito automaticamente agli altri ma ostacolato e infine concesso con denti stretti a loro perché di pelle scura.
E’ un film fatto molto bene, realistico e reale, interpretato da un team di attori che sentivano ciò che stavano recitando. Nella trama c’è anche una piccola storia d’amore, tra un’italiana ed uno dei piloti del Tuskegee. Un’amore di guerra, tra persone diverse che neppure comprendono le rispettive lingue ma che comunicano ai rispettivi cuori. Bravi David Oyelowo e Daniela Ruah…ma niente possono i loro personaggi contro il fuoco della guerra. Andando su terreni meno tragici e profondi, i ragazzi dello squadrone sono personaggi divertenti, giovani scapestrati; le scene d’azione ed i combattimenti in volo sono appassionanti e ben girate. Sono riuscita a seguirle persino io che di solito nei film di guerra non ci capisco niente.

Il cast, quasi interamente composto da attori di colore, include: Cuba Gooding Jr, Terrence Howard, Ne-Yo, Elijah Kelley, Tristan Wilds, Nate Parker e Kevin Phillips. Altri soldati americani sono stati interpretati da Robert Kazinsky, Bryan Cranston e Gerald McRaney
E' un film che è stato piacevole vedere...e rivedere, per la trama, l'azione ed anche i temi importanti che affronta. Io, quindi, lo raccomando vivamente.
Irene Francis

Red Tails: the courage of fighting to fight [ENG]

I am usually afraid of watching movies “based on true stories”. I'm scared of the ones who tell the truth, because it makes me aware that certain things actually happened, and I'm scared of the ones stained by fiction, because altering history is a cruel crime. Without knowing the reality of facts, even when we hate them, we can't learn from it...diminishing history and making simple past, useless and inert. This movie was for me an exception. It touched me deeply especially because based on a true story. I hate war and violence with every part of my heart, but this doesn't prevent me from remembering with honor those who risked their lives for the cause of freedom.

13 gennaio 2017

Bollywood non è solo per indiani: Guzaarish [ITA]


"I pregiudizi impediscono di scoprire le altrui virtù"

Einstein disse che è più difficile distruggere un atomo che un pregiudizio e, purtroppo, credo avesse pienamente ragione. Io, tuttavia, continuo ad essere un'inguaribile sognatrice quindi, pur essendo forse senza speranza, voglio provare a distruggere il pregiudizio.
Noi occidentali siamo stati ottusi per secoli, impegnandoci stupidamente a tenere lo sguardo fisso davanti a noi, come cavalli da tiro con i paraocchi, perché consideravamo inutile voltarci ad osservare le culture che ci stavano intorno. Erano inferiori alla grande cultura europea, dovevano esserlo. Altrimenti come avremmo scusato noi stessi delle barbarie inflitte, dell'egemonia che abbiamo cercato di mantenere strenuamente, con violenza, a costo di calpestare nostri simili non uguali a noi? 
Il problema è, però, che questa nostra attitudine mentale ci ha influenzati tanto da lasciare radici in noi, anche nei più moderni e aperti di mente, anche in chi dice il contrario. Pur senza rendercene conto, ognuno di noi è portato d'istinto a guardare con diffidenza ciò che viene da paesi e culture diverse dalla nostra, da quella che è rimasta comodamente e saldamente al centro del mondo nella visione eurocentrica che continuiamo ostinati a promuovere, ciechi di fronte al cambiamento dei tempi e del mondo.
Anche io sono vittima del pregiudizio, della maledetta abitudine di "far di tutta l'erba un fascio", di generalizzare. Tuttavia grazie a Bollywood ho avuto un'occasione di ricredermi, di cambiare opinione e questo mi ha tanto arricchita che desidero darla anche a coloro di voi che ne hanno bisogno.
A causa della "fama" che il cinema indiano ha qui nel nostro paese, fino a poco tempo fa anch'io generalizzavo considerando ogni produzione bollywoodiana un polpettone fatto di canti, danze colorate, confusione da bazaar, attori con la caricata espressività delle soap opera di più bassa qualità, plot e dialoghi di ancora minor pregio.
Niente di più sbagliato, niente di più falso.
Certo, anche nell'industria cinematografica indiana ci sono le commedie idiote, i film patinati simil-soap-opera e i polpettoni impossibili da reggere più del decimo minuto. Come ci sono nel cinema italiano, in quello inglese, francese, spagnolo, americano. 
Ognuno di questi paesi è capace di creare pellicole di pregio, capaci di emozionare, kolossal efficaci, capolavori. Posso dirvi per esperienza che l'India non è da meno.
Scoperto questo "nuovo mondo" grazie al film "Matrimoni e Pregiudizi", rifacimento indiano di "Orgoglio e Pregiudizio", mi sono avvicinata alla cultura indiana e alle migliori tra le loro produzioni cinematografiche, rimanendone sorpresa, prima, poi affascinata ed emozionata, infine affezionata.

Tutte le pellicole che ho visto, accuratamente selezionate tra le miriadi prodotte negli anni, mi hanno sorpresa perché non hanno bisogno di corpi nudi, scene di sesso, sbaciucchiamenti sfrenati o dialoghi strappalacrime per trasmettere passione, amore, complicità, intensità. Lo fanno con lo sguardo, con una carezza o un abbraccio, riuscendo ad essere molto più efficaci e molto più seri. Sanno trasmettere l'allegria, incanalano le emozioni attraverso musiche coinvolgenti accompagnate dal loro unico, affascinante modo di cantare. Ogni movimento del corpo corrispondente una parola.

Gosford Park: upstairs and downstairs prima di Downton Abbey [ITA]

Forse molti di noi che hanno seguito e amato la serie televisiva "Downton Abbey"  non sanno che i suoi creatori si sono ispirati ad un grande film del 2001: Gosford Park.
Il famoso "narratore" di Hollywood Robert Altman ricrea in questa sua raffinata pellicola, premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale, l'atmosfera che aleggiava sulla contraddittoria e diseguale società inglese degli anni '30. Egli ci fa strada in questo mondo fra lusso, relazioni sbagliate, matrimoni infelici contratti per comodo, inflessibili piramidi sociali e intrighi o misteri familiari, sorretto da un cast eccezionale.